art 2Gli istituti di credito devono obbligatoriamente valutare l’adeguatezza e l’appropriatezza del prodotto o servizio offerto e venduto ai clienti.


Questo è quanto prevede la direttiva nota come Mifid (Market in financial instruments directive) entrata in vigore nel 2007.
La normativa europea prevede che ogni banca ha l'obbligo di rendere edotti i clienti circa in ragione delle loro competenze in materia finanziaria e ciò al fine di tracciare un “profilo di rischio o profilo finanziario”.
Il profilo di rischio descrive la propensione al rischio dell’investitore finanziario. Il cliente, attraverso la somministrazione di un Test chiamato test di appropriatezza, consente all’istituto di credito di raccogliere e documentare i dati ottenuti o forniti.
Perché l’Unione europea ha deciso l’introduzione del profilo di rischio? Come mai, ci chiediamo, è necessario usare tale precauzione?
Come dicevamo poc’anzi, il Test di adeguatezza in teoria dovrebbe corrispondere al profilo di rischio dell’investitore ma, in numerosi casi, non corrisponde al profilo del cliente bensì corrisponde al profilo che la banca produce per il cliente.
La banca infatti spesso predispone un test già precompilato e lo sottopone poi alla firma del cliente.
Al fine di scongiurare un comportamento arbitrario e illegittimo operato dall’istituto di credito è opportuno che il cliente si rechi in banca chiedendo di verificare il proprio profilo di rischio, oppure chieda la modifica del proprio profilo di rischio.
Sul tema, recentemente, si è pronuncia la suprema Corte di cassazione la quale, con la sentenza n. 6376/15 prevede che «i soggetti abilitati alla prestazione dei servizi di investimento ed accessori debbono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza ed acquisire le informazioni necessarie dai clienti, operando in modo che essi siano sempre adeguatamente informati».
Anche l’articolo 28 del Regolamento Consob, poi, prevede che «l’intermediario, prima della stipulazione del contratto di gestione e dell’inizio delle prestazioni dei servizi di investimento, debba chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, la sua propensione al rischio; l'intermediario deve tenere conto delle predette informazioni, così come di ogni altra informazione disponibile».
Sulla base di queste premesse, i giudici della Suprema Corte, nel caso al loro esame, hanno giustamente stabilito che la banca non aveva adempiuto all’obbligo della “profilatura” del cliente prima di fargli acquistare determinate obbligazioni; infatti in quel caso mancava la prova che l’intermediario avesse raccolto e valutato le informazioni necessarie a ricostruire il profilo di rischio dell’investitore e per tale ragione la cassazione ha accolto la domanda di risarcimento dei danni avanzata dal cliente, relativamente all’acquisto di obbligazioni argentine e quote di un fondo, proposta da un cliente nei confronti di una banca.