La Commissione europea ha confermato che il tributo non altera i meccanismi concorrenziali del mercato comune europeo.


Il canone rai costituisce soltanto il 50% degli introiti annuali della società si limita a finanziare “gli obblighi di servizio pubblico chiaramente definiti che le sono stati affidati”. 

La giustificazione di questo onere economico imposto ai cittadini risiede proprio nella necessità di finanziare un servizio di interesse generale: come conferma anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 284 del 2002), il canone consente alla Rai di “adeguare la tipologia e la qualità della propria programmazione alle specifiche finalità di tale servizio, non piegandole alle sole esigenze quantitative dell’ascolto e della raccolta pubblicitaria, e non omologando le proprie scelte di programmazione a quelle proprie dei soggetti privati che operano nel ristretto e imperfetto «mercato» radiotelevisivo”.
Le parole di Valerio Onida – professore di Diritto costituzionale, allora redattore della sentenza - sono chiare: le somme raccolte attraverso la riscossione del canone permettono alla Rai di adempiere gli obblighi derivanti dal mandato di servizio pubblico senza doversi piegare a logiche concorrenziali.
Per la Commissione europea questa missione è sufficiente a giustificare un aiuto di Stato. Lo ha affermato nel 2005 e nel 2009.