Gli episodi in cui un lavoratore presta la propria manodopera senza ricevere dal datore di lavoro una regolarizzazione sono frequenti.
Dunque una tematica molto delicata che ci permette di fare una breve valutazione della posizione sia del datore di lavoro sia del lavoratore.
Il lavoratore che presta la propria attività “in nero” alle dipendenze di un altro soggetto rischia solo di vedersi riconosciuti dei crediti aggiuntivi da lavoro che per legge gli spettavano. Il discorso cambia nel caso in cui il lavoratore guadagni in nero ma percepisca eventuali crediti derivanti da indennità disoccupazione, cassa-integrazione, o un altro sussidio sociale basato sulla dichiarazione dello stato di disoccupazione.
Cosa si rischia a livello penale?
Il comportamento posto in essere dal lavoratore non regolarizzato ma che tuttavia percepisce le indennità di disoccupazione è punito ai sensi dell’art. 483 del codice penale perché egli rende una falsa dichiarazione. Si viola, di conseguenza, anche l’art. art. 316 ter del codice penale nel cassoni cui il lavoratore, attestando uno stato di disoccupazione, abbia percepito l’indennità di disoccupazione o oltre somme erogate dallo Stato o da altri Enti Pubblici.
Il lavoratore che abbia guadagnato in nero ma che abbia illegittimamente percepito somme sociali dovrà essere tenuto alla restituzione degli indebiti ed al risarcimento del danno.
La posizione del datore di lavoro che impiega in nero un lavoratore rischia una maxisanzione, che prevede importi scaglionati come indicati nel d.lgs. 151/2015.
Vengono previste sanzioni maggiorate del 20% qualora l’impiego riguardi stranieri o minori e nel caso in cui all’interno di un’azienda i lavoratori in nero rappresentino il 20% del personale totale, il datore di lavoro rischierebbe la chiusura della sua attività.